A San Mauro Forte, ogni gennaio, la notte vibra sotto il peso dei campanacci. Uomini in corteo attraversano il paese portando a spalla enormi strumenti di ferro: sono le squadriglie, gruppi spontanei che, senza una regia prestabilita, danno vita a un rito collettivo fatto di suono, resistenza e ripetizione. Il fragore che ne scaturisce non è solo memoria della transumanza, ma gesto apotropaico, urlo corale che si riversa nei vicoli per allontanare l'inverno e proteggere la comunità. In questo contesto, portare il campanaccio è più che un gesto tradizionale: è una forma di metamorfosi. L’uomo si fa bestia, corpo sonoro, parte di un’onda che disgrega l’io nel gruppo.


















